Divulgazione Astronomica

I Pianeti Esterni

Per quel che riguarda i pianeti esterni, il processo di accrescimento dei grani in ciottoli e infine planetesimi iniziò ben prima delle regioni interne, 100 mila anni dopo il collasso della nube primordiale. Questo perché, sebbene metalli e silicati fossero meno presenti, al di là della frost line le sostanze volatili solidificano diventando così materia a disposizione per l’accrescimento dei protopianeti che raggiunsero così dimensioni di qualche centinaio di chilometro, dieci volte maggiore dei corrispettivi interni. Fu così che in brevissimo tempo si creò il primo grande proto-pianeta in prossimità della frost line (3.5 UA) con una massa pari a due volte quella della Terra: Giove.

500 mila anni dopo fu la volta del secondo grande proto-pianeta: Saturno. Gran parte delle sostanze volatili presenti nella regione erano state catturate da Giove e pertanto la massa di Saturno non riuscì a raggiungere i livelli del gigante gassoso. In compenso sia Giove che Saturno accrebbero così tanto da riuscire a catturare gravitazionalmente il gas presente abbondantemente in quelle regioni: idrogeno ed elio.

Il proto-pianeta Nettuno si formò due milioni di anni dopo la contrazione della nube ed in fine Urano, due milioni di anni dopo Nettuno. Essendo gli ultimi ad essersi formati furono quelli che riuscirono ad accrescere meno rispetto ai giganti Giove e Saturno. Il Sistema Solare esterno si trovò così ad occupare la regione intorno al Sole compresa tra 5.5 UA e 17 UA, anche se i planetesimi proseguivano per una regione estesa fino a 30 UA dove si trovava più o meno un quantitativo di massa pari a 35 masse terrestri (proto-fascia di Kuiper).

Tre milioni di anni dalla contrazione della nube primordiale, Giove e Saturno si spostarono verso le regioni interne del Sistema Solare (detto periodo della grande virata, grand tack) a seguito della frizione con il gas e le polveri del disco planetario, nonché l’espulsione verso le regioni più esterne dei planetesimi esistenti in quella regione e quelli inviati verso di pianeti giganti dal neonato Nettuno. Giove si avvicinò così fino a 1.5 UA dal Sole entrando pienamente in quella che oggi è la zona occupata dagli Asteroidi e lambendo l’orbita di Marte. Gli oggetti espulsi dalla proto-fascia di Kuiper formarono nel corso di 1 miliardo di anni quelli che oggi chiamiamo oggetti del disco diffuso e della nube di Oort. Per effetto contrario Nettuno e successivamente Urano andarono via via allontanandosi dal Sole.

Dopo 5 milioni di anni dalla contrazione della nube la protostella si trasformò in una stella di tipo T Tauri, emettendo un forte vento solare che spazzò via le polveri ed i materiali volatili restanti. A differenza delle regioni interne, questo fenomeno determinò la fine del periodo di accrescimento dei pianeti esterni che assunsero le dimensioni che oggi ancora osserviamo. Malgrado ciò le orbite erano ancora molto compatte e proiettate verso l’interno, occupando una zona compresa tra 15 e 20 UA.

Dopo 600 milioni di anni dalla contrazione della nube, Giove e Saturno entrarono in risonanza orbitale spostandosi su orbite sempre più eccentriche. Questo fece si che Giove si spostò sempre più verso le regioni esterne respingendo a sua volta Saturno. Questo diede inizio all’LHB originato inizialmente dalla perturbazione della regione degli Asteroidi.

Ad 800 milioni di anni dall’inizio del Sistema Solare, Saturno ormai vicinissimo a Nettuno lo spinse verso l’esterno andando a sorpassare Urano e immergendosi nella proto-fascia di Kuiper. Così facendo Nettuno mandò i planetesimi ivi presenti in risonanza orbitale, verso l’interno generando una seconda LHB di corpi ghiacciati o verso il disco diffuso e la nube di Oort. Il 90% dei planetesimi venne così allontanato dalla proto-fascia di Kuiper. Alla fine di questo periodo le regioni esterne del Sistema Solare assunsero la distribuzione delle masse e le orbite che ora conosciamo. Gli impatti che ancor oggi sono presenti nel Sistema Solare sono lo strascico dell’LHB. Questo fa pensare che l’accrescimento planetario forse non è ancora terminato.

Astrofotografia

Riscopriamo quanto imparato in questo articolo andando a fotografare i seguenti oggetti:

  • Cometa Shoemaker-Levy 9: esempio di cometa catturata dal campo gravitazionale di Giove e fotografata con strumenti amatoriali. Impatti come questi dimostrano che LHB è ancora presente ai nostri giorni, seppur con un tasso bassissimo. Interessante è notare il salto tecnologico tra il 1994 ed oggi. Le immagini di Giove riprese nel 1994 dagli osservatori astronomici professionali sono di qualità paragonabile a quella che oggi un astrofilo alle prime armi riprenderebbe con un telescopio economico.

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